La perdita di udito nel bambino

  • Caricato il 24 Settembre 2020
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Perdita di udito nel bambino

 

Riconoscere in modo precoce  la perdita di udito nel bambino e attuare  l’appropriato trattamento, rappresentano i fattori chiave per il suo normale sviluppo comunicativo e sociale.
Una diagnosi tempestiva di ipoacusia e l’applicazione di apparecchi acustici o, in caso di sordità profonda, di impianti cocleari, concorrono a scongiurare gli effetti negativi che la perdita di udito provoca sull’acquisizione linguistica e sull’intera sfera socio-emotiva.

Il deficit uditivo permanente è una delle più comuni anomalie congenite dell’infanzia; si manifesta  tra i 0,5 e  1,5 bambini ogni mille nati.
L’ipoacusia infantile può essere classificata secondo diversi criteri. I più utilizzati valutano: gravità, epoca di insorgenza, sede anatomica della lesione ed eziologia.

 

La gravità della perdita uditiva è classificata secondo tabella:

Grado di perdita uditiva

 

 

Range di perdita d’udito (dB HL)

 

lieve

20-40

 

moderata

40-70

 

severa

70-95

 

profonda

≥95

 

 

In rapporto all’epoca di insorgenza della perdita di udito nel bambino, l’ipoacusia si può suddividere in prenatale, perinatale e acquisita.
L’ipoacusia prenatale o congenita, rappresenta la maggior parte dei casi di ipoacusia infantile, è presente fin dalla nascita e può essere riconducibile a fattori genetici o da infezioni contratte nell’utero materno.

L’ipoacusia perinatale è invece riconducibile a un danno uditivo subito durante il parto o nel periodo immediatamente successivo; mentre l'ipoacusia acquisita insorge dopo la nascita e può essere anch’essa di natura ereditaria.

Viene ulteriormente classificata sulla base dell’epoca di insorgenza rispetto all’acquisizione del linguaggio: la forma preverbale entro i primi 18 mesi di vita, la forma paraverbale tra i 18 e i 36 mesi, la forma postverbale dopo i 36 mesi. Rispetto alla sede della lesione, si suddivide in periferica (trasmissiva, neurosensoriale cocleare e retrococleare, mista) o centrale.

Un’ulteriore classificazione si basa sull’eziologia, in quanto si possono avere forme congenite, acquisite e sconosciute (20%).

L’introduzione dello screening neonatale per la sordità congenita su tutti i nuovi nati, ha permesso di identificare anche le perdite uditive isolate, arrivando così ad una maggiore copertura diagnostica e al miglioramento del fitting protesico, del management clinico e familiare.

Nel momento in cui viene diagnosticata la sordità in un piccolo paziente, è importante la precocità dell’intervento riabilitativo. È stato infatti riconosciuto un “periodo sensibile” nell’arco temporale che va dalla nascita fino ai 3-4 anni di età, durante il quale i sistemi neurali sono particolarmente responsivi ad appropriati stimoli. Questo periodo viene definito anche “periodo critico”, in quanto se non si mette in atto una stimolazione adeguata attraverso gli apparecchi acustici, i substrati neurali del sistema uditivo non si sviluppano normalmente e si alterano in modo irreversibile. Dopo i 4 anni infatti, la plasticità del sistema uditivo è ridotta e i network neurali, consolidati con limitate capacità di maturazione.

Per attuare la migliore strategia di trattamento e sviluppare nel bambino una personalità il più possibile integrata nella società, è quindi fondamentale:

  1. Precocità della diagnosi;

  2. Tempestività nell’uso corretto della protesizzazione;

  3. Intervento in supporto della famiglia, valutazione delle dinamiche affettive-emotive e rilevazione delle difficoltà oggettive;

  4. Precocità dell’allenamento acustico e del trattamento logopedico, per la stimolazione del linguaggio verbale e della comunicazione.
     

    Il bambino sente bene? Come capirlo

    I soggetti principalmente coinvolti sono la famiglia e i medici che seguono in modo attivo e costante la crescita del bambino.  Sono proprio loro che rilevano le risposte ai diversi stimoli uditivi e ne notano le anomalie.

    Quelle più comuni da osservare nei primi mesi di vita sono:

  • Se ruota il viso verso una qualsiasi sorgente sonora  e reagisce agli stimoli che ne derivano;

  • Se nei primi mesi di vita il neonato reagisce e cerca di rispondere alla voce della mamma emettendo i tipici suoni detti della “lallazione”;

  • Notare se il bambino reagisce a rumori forti e improvvisi;

  • Osservare se dopo i primi mesi  inizia a riconoscere e a sorridere alle voci familiari.


Come intervenire se notate che il bambino non sente?

È buona regola rivolgersi il prima possibile ad uno specialista che approfondirà, con le dovute indagini, se sussitono realmente dei deficit uditivi.

Come abbiamo più volte detto e non ci stancheremo mai di ribadire, è essenziale una tempestiva diagnosi, per lo sviluppo sereno e corretto del bambino.

 

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